“Non vedo l’ora di
morire. Questo non è un paese per vecchi”.
Avevi detto proprio
così, il giorno di Natale. Lo hai detto con quel tono da mezzo brontolone che
ti caratterizzava, che non si capiva mai se scherzavi o eri serio. Lo hai detto
perché a tavola c’erano troppi bambini e a te, ammettiamolo, davano un po’
fastidio.
E noi, infidi nipoti,
che così tanto ti amavamo, che facevamo a gara per sederci vicino a te, lo zio
scapolone, lo zio Crodaiolo, lo zio viaggiatore, lo zio che ti raccontava una
barzelletta prima ancora di dirti ciao, noi ti abbiamo risposto a tono: “Anche
noi, zio, che così ci lasci il soldi dell’eredità”.
Due giorni dopo ti
hanno trovato senza vita, nella tua cucina.
E scusa se te lo dico,
ma vaffanculo. Non doveva andare così. Proprio no. Perché tu hai avuto
esattamente la morte che desideravi, senza soffrire, senza ospedale, senza
medicine. Ma noi siamo rimasti qui, senza di te, a cercare un senso, una ragione,
in tutto questo. E a ricordare.
Ricordi che fanno
sorridere, ma che insieme feriscono, perché è troppo grande il vuoto che hai
lasciato.
Come quella volta che mi hai portato a Venezia che ero una bambina, tu
che Venezia l’hai sempre amata ed io che da allora ho imparato ad amarla così
tanto.
Come quella volta che mi hai portato a vedere Peter Pan.
Come quando, sempre da bambina, d’estate, venivo a stare qualche giorno
con te e la nonna e venivo ad aspettarti in strada quando tornavi dal lavoro,
alla sera. A cena si guardava il telegiornale e tu inveivi contro i politici, e
i delinquenti. “Coparli tutti!”, gridavi, mentre immaginavi i modi più trucidi
per fare giustizia.
Come quando hai accompagnato me e mio marito all’aeroporto, il giorno
che siamo partiti per il viaggio di nozze.
Come la lista della spesa che scrivevi in tedesco, per tenere fresca
una lingua che ti piaceva così tanto. E come quando ti chiedevo di ripetermi,
sempre in tedesco, 5555, che mi faceva sempre tanto ridere.
Come l’odore delle sigarette che fumavi, di una marca assurda,
sigarette da camionisti, le chiamavi.
Come le domeniche che venivi a pranzo dai miei, e non ti presentavi mai
a mani vuote. A volte portavi un libro: tenetelo voi, io l’ho già letto. E le
barzellette, una dietro l’altra, che, dopo tutti questi anni, alcune le
conoscevamo già, ma tu ne avevi sempre una di nuova in tasca. Le raccontavi
sempre, in ogni momento e davanti a qualsiasi pubblico, raccontavi anche
barzellette sulle vedove davanti a chi vedovo lo era veramente, ma chi se ne
frega.
Come le parole del
sacerdote, amico tuo, il giorno del tuo funerale: è la prima volta che Franco è
il protagonista, lui era sempre dietro, defilato. Ma in questa estrema umiltà
stava il tuo cuore immenso, puro e generoso.
Come le parole di quel
canto meraviglioso che Bepi De Marzi scrisse 50 anni fa, che tu cantavi insieme
ai tuoi Crodaioli e che io, adesso, ti voglio dedicare:
Dio del cielo
Signore delle cime
Un nostro amico hai
chiesto alla montagna
Ma ti preghiamo
Sul nel Paradiso
Lascialo andare per le
tue montagne.
Santa Maria
Signora della neve
Copri col bianco
soffice mantello
Il nostro amico, il
nostro fratello.
Su nel Paradiso
lascialo andare per le tue montagne.
Ti abbraccio!
RispondiEliminaGrazie
Eliminatanto affetto
RispondiEliminagrazie
EliminaOddio...Signore delle Cime...e se già il tuo post mi ha fatto venire i brividi, la mazzata finale con Signore delle Cime...per me ha un significato molto particolare, mi ricorda una persona molto vicina volata in cielo qualche anno fa.
RispondiEliminaTi abbraccio forte e se permetti ora vado ad asciugare le lacrime.
Signore delle cime la canto fin da bambina. Come ho scritto nel post mio zio cantava nei Crodaioli e Bepi De Marzi era un suo caro amico. Da adesso anch’io la ascolterò con animo diverso…
EliminaTi abbraccio forte anche io, bella persona tuo zio...
RispondiEliminadarling
Già, bella persona sul serio. Grazie
Eliminapiango. ...
RispondiEliminaA chi lo dici...
Eliminain ritardo, un abbraccio!
RispondiEliminaGrazie mille.
Eliminaciao Silvia, capito qui oggi e tra i primi post leggo questo... ho le lacrime. ho le lacrime perché anch'io poco prima ho . perso mio nonno, improvvisamente. ho le lacrime per la canzone "signore delle cime", mi fa venire i brividi, la adoro, credo sia una preghiera bellissima.
RispondiEliminaGrazie...
EliminaMi dispiace solo che ti sia avvicinata al mio (trascuratissimo) blog con un post così triste.
Spero di non doverne più scrivere...