Paio
ha 18 mesi. Prende il mio Smartphone e, con le sue piccole cicciotte dita, fa
scorrere le immagini sullo schermo, preme le icone, se lo mette all’orecchio e
parla. Quando si sveglia accende la televisione.
Checco
ha 3 anni. Mi chiede di vedere il rally su Youtube, prende la macchinetta
fotografica e scatta foto, sempre più a fuoco, se la sua pastasciutta è
diventata fredda se la mette nel microonde.
Paio
ha preso per la prima volta l’aereo a 15 mesi. Checco ne aveva addirittura 6.
Io
avevo 26 anni.
Durante
la mia seconda maternità sono stata sostituita in ufficio da una ragazza classe
1987.
Mentre
la guardavo mandare sms al moroso mi sono resa conto che io ed il mio di
moroso, attuale marito, quando ci siamo messi insieme, nel lontano 1994, il
cellulare non ce l’avevamo. E non ce l’abbiamo avuto per i primi cinque lunghi
anni.
Il
che voleva dire che per parlarci, anche solo per salutarci, dovevamo chiamare a
casa. Facevamo a turno, un giorno chiamavo io e un giorno lui, e avevamo un orario
fisso, le 13.45 così quando a quell’ora squillava il telefono sapevamo chi era
e rispondevamo noi. La telefonata durava in media una mezzora, ed in quella
mezzora ci dicevamo tutto, da ti amo ma quanto ti amo a ok ci vediamo stasera.
Se c’era necessità di dirci qualcos’altro, qualsiasi cosa, si telefonava sempre
al fisso di casa e se rispondeva la mamma o il fratello, poco male: “Buongiorno
signora, sono Silvia, posso parlare con Alessandro, per favore?”. Se dovevamo
litigare e non potevamo vederci, lo facevamo al telefono, magari cercando un
linguaggio criptato per non farci capire dai familiari. Non si litigava mai via
sms. Se avevamo un appuntamento ma uno dei due era in ritardo non c’era modo di
avvisare –scusa rit 5 min L-,
semplicemente l’altro aspettava, ma questo era uno sprone a cercare il più
possibile la puntualità. Non c’erano messaggini o squillini prima di andare a
letto. Non c’erano cuoricini su facebook. Eppure siamo sopravvissuti. Siamo
stati insieme dieci anni e si siamo sposati. Un amore nato senza telefonino, ci
si può credere?
E
la stessa cosa dicasi per il gruppo di amici. Niente messaggi, niente mail,
niente facebook. Eppure uscivamo, ci davamo appuntamento in pizzeria, o al
cinema e litigavamo, e facevamo pace.
Una
ragazza nata nel 1987 probabilmente ha ricevuto in regalo il telefonino non
dico per la Prima Comunione,
ma per la Cresima
senz’altro. E quindi si è fatta col
telefonino tutti gli anni delle scuole superiori. E sempre col telefonino ha
stretto le sue prime amicizie e intrecciato i primi flirt.
L’altro
giorno una collega mi ha detto di aver sequestrato il cellulare alla figlia
tredicenne perché era arrivata a spedire 300 messaggi in un giorno. Io manco in
un mese ne spedisco così tanti…
Guardo
i miei bambini e, francamente, sono spaventata. Perché anche se mio marito ed
io con le nuove tecnologie ci bazzichiamo alla grande, loro saranno sempre più
avanti di noi. E più furbi. Perché se per chiamarsi tra amici usano il
telefonino, vuol dire che al telefono di casa non chiamerà mai nessuno e quindi
sarà tanto se saprò come si chiamano, questi amici. Perché Dio solo sa cosa
combineranno con Facebook o con qualche altra diavoleria che verrà inventata da
qui a 10 anni. E perché, del resto, non è nemmeno giusto farli crescere come
piccoli monaci tibetani.
Ci
penserò quando sarà il momento. Per adesso mi basta che non infilino caramelle
nel lettore dvd…
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