Ieri
abbiamo ufficialmente iscritto il Paio al nido privato che Checco ha
frequentato lo scorso anno. Ci andrà due mattine a settimana, pasti compresi,
il martedì e il giovedì, esattamente come Checco.
La
prossima settimana si va di inserimento, e ne vedremo delle belle. L’ambiente
lo conosco, le ragazze sono fantastiche, il problema è il Paio, attualmente
nella fase “panmammismo” che lo porta a starmi appiccicato stile koala e a
piangere se vado a fare pipì senza di lui (e che c….). Del resto è un bambino
molto socievole e giocherellone, per cui voglio sperare che non sarà poi così traumatico.
L’altra
sera, poi, prima riunione alla scuola materna di Checco. E’ una scuola statale
che si trova esattamente davanti a casa nostra, ragion per cui la scelta di
tale istituto è stata quasi obbligata.
Un
salone caldissimo. Le panche minuscole. Tutte le maestre da un lato e le mamme
in semicerchio dall’altro. Le maestre super sorridenti e le mamme stralunate. La
consegna del quaderno per le comunicazioni e di un milione di moduli da
compilare. Un power point col regolamento della scuola. Una cacofonia di suoni
e voci che le insegnanti cercano di soverchiare, non sempre con successo. La mediatrice
culturale che traduce tutto quello che viene detto ai tanti genitori stranieri.
Già,
gli stranieri. Allora, va bene che la società del futuro sarà sempre più
multietnica, va bene che l’incontro di diverse culture è un arricchimento, va
bene tutto, ma vedere che nella classe di tuo figlio metà degli iscritti ha un
nome praticamente impronunciabile un certo effetto lo fa.
Che
poi, in realtà, non è per i bambini Sono
i grandi, i genitori, che ti dicono di non portare alla riunione i figli e loro
li portano, fratellini e cuginetti compresi, che ti dicono di portare le foto
dei bambini e loro non le hanno, che devono venire entrambi perché la mamma da
sola che vuoi che capisca essendo donna ergo inferiore, che la maestra ti fa
una capa tanta sull’importanza di parlare in italiano anche a casa ma loro non
lo fanno perché agli uomini non interessa e alle donne non è concesso. E ti
chiedi se potrai mai costruire una relazione, un dialogo, benché minimo, visto
che i nostri figli andranno a scuola insieme. Poi guardi i loro bambini che
giocano e ridono e ti accorgi che sono esattamente uguali ai tuoi e te lo vedi,
tuo figlio, a giocare con la piccola Kaur o il piccolo Muammad.
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