La mia vita con un po' troppo testosterone per casa...
Ho modificato la grafica del blog. Quella sullo sfondo è l'incasinatissima libreria di casa Piselloni...
Lilypie - Personal pictureLilypie Kids Birthday tickers
Lilypie - Personal pictureLilypie Fourth Birthday tickers

martedì 24 settembre 2013

Il viaggione a Barcellona



"Alloggeremo in un appartamentino in affitto e per 10 giorni vivremo là, a Barcellona, un po’ turisti un po’ no, ma sempre noi quattro, in giro per una città straniera che faremo il possibile per chiamare “casa”, almeno per un po’". 

Così scrivevo il 3 luglio nel post di presentazione delle nostre vacanze.

A più di due mesi dal ritorno posso proprio dire che ci siamo riusciti…

Merito del nostro bellissimo appartamento, fornito di tutto il necessario, elettrodomestici, stoviglie, bagnoschiuma, candele profumate, dei padroni di casa gentilissimi che ci hanno cambiato tutti gli asciugamani, le lenzuola e i canovacci a metà soggiorno, quasi meglio che a casa nostra…


Merito del barrio (quartiere) di Gracia, in cui abbiamo alloggiato, lontano dalla Rambla, dalla Sagrada Familia, dal flusso dei turisti, ma proprio per questo così autentico, vero, e soprattutto vivo.
Un quartiere meta degli studenti Erasmus, e quindi pieno di ristorantini etnici, di centri culturali, di biblioteche, di scuole di ballo.
Un quartiere giovane, scelto dalle famiglie per la sua tranquillità, con minimarket ad ogni angolo, con un grande e coloratissimo mercato al coperto dove ogni mattina scendevamo a comprare il pane e il chorizo.
Un quartiere spagnolo, dove c’è vita ad ogni ora del giorno e della notte, dove si esce sempre e comunque, anche solo per quattro passi, dove anche a tarda sera trovi intere famiglie con bambini di tutte le età a divertirsi in piazza, gli adulti a bere mojito, i piccoli a scorrazzare liberi o giocare al parco giochi (ce n’è uno praticamente in ogni piazzetta…).


Merito della mentalità spagnola, forse più libera, più tranquilla, più scialla della nostra. E quindi, lasciatamelo dire, più a misura di bambino. Nessuno si fa problemi a portare i figli al ristorante, perché sanno per certo che ci troveranno altre famiglie. Nessuno si fa problemi se il figlio urla, o piange, perché nella stessa sera altri bambini urleranno e piangeranno, che male c’è.
Magari non sono così organizzati come ad esempio in Svezia, magari non ci sono i fasciatoi in tutti i bagni, o i seggioloni al bar. Ma i bambini sono i benvenuti, ovunque. Entrano gratis dappertutto, tanto per dire.
E poi trovi un parco giochi come questo.
 Una vasta area recintata all’interno dello splendido Parc de la Ciutadela. Giochi di ogni genere messi lì, a disposizione dei bambini, liberi di farci l’uso che meglio credono, animatrici che organizzano una piccola ludoteca, insomma, un paradiso…
 
Merito di Barcellona, una città che è davvero bella, e merito di un tale Anton Gaudì, che con il suo genio creativo ed eccentrico l’ha resa unica.



Merito loro, dei miei fantastici bambini, che da piccoli grandi viaggiatori si sono adattati a tutto.

Alla metropolitana

Al cibo locale (no, dico, i churros con la cioccolata calda non sono da orgasmo?!?!?!?!)

Ai musei

Alla vita all’aria aperta


E anche un po’ merito nostro, che abbiamo capito che guardare il mondo con gli occhi di un bambino è come colorarlo di meraviglia, e di magia.

Direi che un mojito ce lo siamo meritato, o no?

giovedì 19 settembre 2013

Il viaggione a Barcellona. Parte prima: l'organizzazione



Dei motivi per cui abbiamo scelto di andare a Barcellona ho già parlato qui. Passo quindi direttamente alle fasi preparatorie del viaggio.

Il biglietto aereo.

Una famiglia di quattro persone che disponga di un budget medio per le proprie vacanze si vede quasi costretta a volare con la Ryanair. Problemi zero, basta adattarsi un pochino e usare alcune accortezze per rendere il viaggio abbastanza agevole. Una di queste consiste nel prenotare i posti a sedere, cosa possibile non da moltissimo spendendo la “modica” cifra di 10 € a persona e a tratta (10 € per 4 persone andata e ritorno= 80 €). Il vantaggio è duplice: da un lato si entra di diritto nella fila di imbarco prioritario, risparmiando la terrificante bolgia di assatanati che si ammucchiano al gate per salire per primi sull’aereo. Dall’altro ci si può sedere in quelli che, a mio parere, sono i posti migliori per i bambini, la prima fila a destra, con ampio spazio davanti per muoversi e per giocare.


I bagagli.
Si sa. La Ryanair ha delle regole piuttosto ferree per quanto riguarda i battagli. Diciamo pure naziste. Nonostante questo l’anno scorso eravamo sopravvissuti ad un viaggio in Lapponia per il quale avevo dovuto portar via sia cambi leggeri che pesanti e per il quale, soprattutto disponevamo di un bagaglio a mano in meno, essendo il Paio under 2.
Quindi quest’anno ero fiduciosa e ottimista. Talmente fiduciosa e ottimista che al momento della prenotazione ho pensato bene di prenotare un bagaglio di 15 kg per la stiva, anziché 20.
E brava fessa. Perché, nonostante disponessimo di un bagaglio a mano in più, nonostante ci fossimo portati via solo abiti estivi, nonostante sapessimo di disporre di una lavatrice e quindi avessimo limitato il numero dei cambi, la valigia da caricare in stiva pesava 7-8 kg vuota, 17 piena…
Alla fine, comunque, ce l’abbiamo fatta: all’andata trasferendo un po’ di roba nei già colmi bagagli a mano, al ritorno buttando via un paio di asciugamani…
Che poi l’origine di tutti i problemi sono…

Le valigie dei bambini.
Già. Quando sono piccoli hai la grossa rogna di portarti via tutte quelle diavolerie che servono ai neonati, ed è una rogna talmente grossa che spesso si lascia perdere l’aereo e si noleggia direttamente un furgone.
Superata questa fase uno crede di essere fuori dal tunnel…e invece no! Perché i bambini grandi, se non hanno più bisogno di pappette e biberon hanno però bisogno di un milione di giochi, senza i quali non stanno fermi, si annoiano, e quindi scassano la minchia all’inverosimile, non solo in aereo, ma per tutta la durata della vacanza.
Quando si prepara una valigia per i bambini, quindi, bisogna tenere conto della necessità di farci stare non solo i loro vestiti, ma soprattutto i loro giocattoli, quelli vecchi, di casa, ed anche qualcuno di nuovo, acquistato all’uopo.
In più, per quanto tu possa comprare ai tuoi figli delle bellissime valigette fatte apposta per loro, colorate, a forma di animali, ergonomiche, puoi pur star certo che se se le portano cinque minuti già sono bravi. Per il resto tocca ai poveri genitori.

Eccoli qua i due soci entusiasti delle loro valigie nuove. Tutta apparenza, ovviamente: all’aeroporto loro due belli come il sole ed io e MaschioAlfa carichi di 1 valigione, 2 zaini, 2 bagagli per bambini, 1 passeggino…

La sistemazione.
Devo ammetterlo. Io e MaschioAlfa siamo sempre stati tipi da albergo. Magari ci piaceva cercare quelli più caratteristici, a conduzione familiare, non troppo cari, ma abbiamo sempre prenotato in albergo.
L’anno scorso, per il viaggio in Lapponia, abbiamo avuto la botta di culo di essere ospitati a casa di alcuni amici. Anzi, questi amici la casa ce l’hanno addirittura lasciata alcuni giorni mentre loro erano in montagna. Ed il viaggio è stato così bello, e rilassante, per nulla faticoso, proprio il fatto che non abbiamo fatto grandi cose, abbiamo “semplicemente” traslocato temporaneamente la nostra vita, la nostra routine, la spesa al supermercato, il giro al parco giochi, la passeggiata, le corse in giardino, in un altro paese.
Ci siamo resi conto che per una famiglia l’appartamento, o la casa, è l’ideale anche quando ci si allontana dalle classiche mete mare-montagna. Non solo per quello che si risparmia, e non è poco, non solo per la maggiore libertà negli spostamenti, negli orari, nelle regole da rispettare. E’ l’ideale perché dà l’opportunità di vivere pienamente dentro la città che visiti, dentro la cultura che ti ospita, in mezzo alla gente che stai cercando di conoscere.
Così, gira e rigira per il web, ho trovato e prenotato questo, e direi che le immagini parlano da sole…

Continua...

martedì 17 settembre 2013

Schifo



Avevo pronto un post sul viaggio a Barcellona.
Era un post carino e allegro.
Poi capita una di quelle mattine che va tutto male. Che sei già nervosa di tuo perché hai una rogna al lavoro e vorresti startene a casa. Che è giorno di mercato quindi devi sbrigarti a partire se vuoi sperare di trovare parcheggio. Che sei lì che pensi che dopo aver portato Paio al nido devi fermarti a comprare la frutta. Poi Checco si sveglia con una luna storta da preadolescente, vuoi fare colazione NO, vuoi il latte NO, vai a fare pipì NO, vieni qui che mettiamo i pantaloni NO, dai, la maglietta NO. Ed è allora che perdi la pazienza, e inizi a urlare. E tuo marito urla. E scappa uno schiaffo.
E’ uno schifo di post, lo so, ma è proprio così che mi sento stamattina.

lunedì 16 settembre 2013

Solo un accenno...



…all’inizio della scuola.

Il Paio ha ricominciato la scorsa settimana. Come l’anno scorso frequenterà un nido privato due giorni alla settimana, il martedì e il giovedì. La ripresa è andata liscia come l’olio: ha raggiunto l’ingresso del nido con fare baldanzoso, ha voluto suonare lui il campanello, ha infilato la porta della sala dei giochi senza voltarsi indietro e dimenticandosi di togliere le scarpe. Ha giocato, mangiato e fatto la cacca. Tutto nella norma.





Checco ha iniziato stamattina. Si è svegliato e mi ha chiesto: “Oggi vado a scuola?”. Ha fatto un sorriso poco convinto. L’abbiamo accompagnato insieme, io e il papà, mano nella mano fino al salone dell’asilo. Ha riconosciuto le maestre e qualche amico. La maestra Meri lo ha poi invitato a dare un bacio a mamma e papà e a portare le sue cose in aula. E così si è incamminato, da solo, con la sua borsetta, verso l’aula in fondo al corridoio. Il mio bambino, così alto che potrebbe già fare la prima elementare, ma ancora così piccolo, così cucciolo. Mi è scappata una lacrima uscendo dalla scuola, ed un’altra adesso che ci ripenso e scrivo questo post. Stasera prima di tornare a casa mi fermo in gelateria e gli compro una mega coppa al pistacchio…

giovedì 12 settembre 2013

Ho letto: E poi Paulette



E POI PAULETTE

Grazie davvero a Franci per aver suggerito questo bellissimo libro!
Tutto ha inizio quando Ferdinand, rimasto a vivere da solo nella sua grande fattoria dopo che suo figlio e sua nuora se sono andati in città insieme ai suoi amatissimi nipotini, si accorge che il tetto della casa di Marceline, la sua vicina di casa, è andato completamente distrutto dopo un temporale. Nonostante fino a quel momento le avesse rivolto sì e no tre parole, non riesce a far finta di niente e le chiede di trasferirsi da lui.
Ma altri avrebbero bisogno di una casa: l’amico Guy, che da quando è morta la moglie si sta lasciando andare, le anziane “sorelle” Simone e Hortense, a rischio di sfratto, la quasi infermiera Muriel, senza soldi per pagarsi un affitto, ma bravissima a fare le iniezioni, Kim, appassionato di giardinaggio e di coltivazioni biologiche. E, alla fine, inaspettata arriva anche Paulette…
E’ un libro tenerissimo, quasi una coccola per il cuore. Una storia che fa riconciliare con il mondo, una pedata contro le inimicizie, i rancori e le invidie.
Come ha detto anche Franci sarebbe davvero bello vivere in questa grande casa insieme a loro, sarebbe bello che cose del genere accadessero sul serio…
E se volete sapere chi sia questa Paulette…beh, questa è proprio una sorpresa…

lunedì 9 settembre 2013

Di Silvia che ricomincia a scrivere sul blog e di cose che accadono in estate



Eccomi qui, dopo una lunga pausa estiva interrotta solo da recensioni libresche. Prometto che d’ora in poi ritorno a fare la brava e a scrivere con più frequenza visto che il mio caro marito per il compleanno mi ha regalato un mini notebook tutto per me, con lo scopo, così c’era scritto nel biglietto, di farmi aggiornare il blog con regolarità.

Comunque, tornando a noi, comincio col riassumere alcuni significativi eventi che hanno caratterizzato l’estate della famiglia Piselloni.

Checco ha collezionato una serie di importanti conquiste da “bambino grande”:
  1. ha eliminato il pannolino notturno e, soprattutto, osanna nell’alto dei cieli, ha eliminato il pannolino per le “deiezioni solide”, problema, questo, che ci stava angustiando ormai da un annetto. Il sacco della spazzatura ringrazia;
  2. Sia lui che suo fratello hanno eliminato il ciuccio!!! E’ andata così: quando il pediatra, durante la visita di controllo a Checco a metà agosto, ci ha detto “O togliete il ciuccio o iniziate a mettere via i soldi per pagare il dentista”, nonostante il tono sornione e il mezzo sorriso con cui sono state pronunciate a me queste parole mi sono sembrate una tegola in testa. Mettere via i soldi per il dentista? Ma stiamo scherzando? Noi stiamo mettendo via i soldi per un viaggio negli Stati Uniti, vaff…il dentista! Così la sera stessa abbiamo fatto un tentativo. Con Paio, insperabilmente, ci è andata di lusso: l’ho portato a letto senza ciuccio, lui non me l’ha chiesto e tranquillo e beato ha preso sonno. Con Checco la prima sera non c’è stato verso, ma dal giorno dopo, forse allettato dall’idea di un regalino, forse vedendo suo fratello, anche lui non ha più richiesto l’odioso ciuccio. E lo stesso Paio. Da un giorno all’altro morto e sepolto. In questo caso ringraziano: il nostro conto in banca e il mio sistema nervoso, visto che sentire i bambini ciucciare era qualcosa che proprio non sopportavo;
  3. ha imparato a pronunciare correttamente la ERRE. E la dice talmente bene, e si compiace talmente della sua conquista che vorrebbe metterla anche in parole in cui non c’è;
  4. ha imparato a fare da solo un sacco di piccole azioni quotidiane: vestirsi e svestirsi, lavarsi, allacciare e slacciare la cintura di sicurezza, aprire la pesante porta di casa, versare il succo senza spandere. Il mio ometto…

Paio, oltre alla fondamentale conquista del ciuccio, è cresciuto tantissimo, in altezza ed in nuove abilità. Parla perfettamente, ed articola frasi anche molto complesse. E’ un bel personaggino, il Paio: coccolone e ruffiano all’ennesima potenza, vero e proprio pagliaccio, furbo e molto, molto intelligente. Ma anche scassa minchia all’inverosimile, capriccioso, piagnone e attaccabrighe. Ho già avvisato le ragazze del nido che avranno un bel da fare quest’anno…

I bambini, a casa da scuola, sono stati molto insieme. E questo ha contribuito a rafforzare il loro legame, si cercano, guai se uno manca, giocano insieme, si coalizzano nel combinare marachelle. Ma hanno anche tanto litigato: basta un niente e parte la lotta, prima verbale poi fisica, si picchiano, si lanciano addosso i giocattoli, si buttano per terra. E urlano. Così la mamma urla a sua volta e la casa sembra un girone dantesco. Chissà che ricominci questo benedetto asilo così intanto se ne vanno fuori da piedi per un po’ e poi soprattutto per gran parte della giornata stanno separati.

Ci siamo comunque divertiti un sacco, quest’estate. Abbiamo fatto uno strepitoso viaggio a Barcellona. Ma questo merita un post a parte.

Io e MaschioAlfa siamo stati anche quest’anno a Venezia per l’anniversario di matrimonio. Ma anche questo merita un post a parte.

Siamo stati anche un paio di volte al mare in giornata e, soprattutto la seconda volta, è accaduto il miracolo: mentre i bambini giocavano tranquillamente con secchiello, paletta e ruspe, sono riuscita a leggere 100, e dico cento, pagine di un libro. Formato tascabile, scritto in grande e con molti dialoghi, ma sempre 100 per la miseria. La luce in fondo al tunnel c’è, e ne ho le prove.

Un’ultima, importante novità riguarda la sottoscritta. E’ qualcosa che stupisce persino me, data la mia storica e ormai sedimentata pigrizia. Ho iniziato a correre. Ho dovuto farlo, avevo bisogno di muovermi, di mettere in movimento le mie ossa e soprattutto quei rotolini di ciccia che avevo cominciato decisamente ad odiare.
In palestra neanche a parlarne: non mi piace e non ho nessuna intenzione di buttare via soldi per un corso che so già frequenterò a metà. Allora ho scaricato da internet un programma di allenamento di 12 settimane: ogni settimana si corre 3 volte e l’attività è graduale, si alternano momenti di corsa a momenti di camminata, la camminata si riduce sempre di più e i minuti di corsa aumentano fino ad arrivare, alla fine della dodicesima settimana al traguardo di un’ora. Io sono arrivata alla quarta. Corro lunedì, mercoledì e venerdì, alle sei di mattina. E mi piace un sacco.