La mia vita con un po' troppo testosterone per casa...
Ho modificato la grafica del blog. Quella sullo sfondo è l'incasinatissima libreria di casa Piselloni...
Lilypie - Personal pictureLilypie Kids Birthday tickers
Lilypie - Personal pictureLilypie Fourth Birthday tickers

lunedì 25 giugno 2012

Effetti collaterali degli Europei

 -“E’ una bella squadra quella che sta giocando stasera!”
-“Ma sì, non vedi che sono sempre nella metà campo degli inglesi”.
-“Non è come una volta, al tempo di Trapattoni, dove si faceva il catenaccio all’italiana”.
-“Hanno fatto un sacco di tiri in porta, si meritano di vincere”
-“Non è possibile che vincano gli inglesi…”
-(al termine dei rigori) FUCK! FUCK! FUCK!

A casa Piselloni il calcio è bandito. Non esagero quando dico che non sappiamo nemmeno chi abbia vinto lo scudetto. So che è la Juve perché i nostri parenti sono juventini per la totalità.
In occasione di mondiali ed europei, però, mentre io mi limito a commentare il colore delle divise o la prestanza fisica dei calciatori, in MaschioAlfa si risveglia il Commissario Tecnico che è in lui, sepolto sotto la sua scorza da rispettabile professore di lettere.

Ho letto: Coral Glynn


Un libro, particolare, non c’è che dire.
L’ho preso in biblioteca perché mi avevano convinto alcuni commenti entusiastici che avevo trovato in internet.
E l’ho letto anche in poco tempo, cosa strana per me di questi tempi. La storia ti prende pur non raccontando fatti sensazionali. Ma soprattutto quello che più affascina è la scrittura, così semplice e delicata eppure coinvolgente. Perdersi nelle vicende di Coral è un po’ come restare tutto il tempo col fiato sospeso, quasi col timore di provare emozioni prima che le provino i personaggi, aspettando di vedere cosa succede prima di sorridere o commuoversi, come se ogni battito del cuore fosse strettamente legato ad ogni pagina del libro.
Bello soprattutto il fatto, cosa non facile, che lo scrittore, uomo, descriva così bene i sentimenti e gli stadi d’animo della protagonista, una donna.
Lo so, sono stata un po’ contorta, spero di avere almeno un po’ reso l’idea…

Piccoli problemi organizzativi

 I bagagli.
Quando si parte in vacanza con dei bambini “semplicemente” si riversa il contenuto del loro armadio direttamente nella valigia.
Quando si deve partire in aereo, specialmente con i limiti nazisti di peso e numero bagagli di una compagnia low cost, la situazione si complica un po’.
Quando la meta è un paese in cui c’è questo detto: “Se non ti piace il tempo che fa, siediti e aspetta, fra un po’ cambia”, ecco, la situazione si complica decisamente.
Perché devo riuscire a farci stare in un valigione e due micro bagagli a mano, il necessario per 4 persone per due settimane, prevedendo sia abbigliamento estivo sia autunnale perché, davvero, Dio solo sa che tempo farà.
Uno spiraglio di speranza ci viene dal fatto che andremo ospiti a casa di amici, casa che sicuramente sarà provvista di lavatrice e ferro da stiro. E quindi avrò la possibilità di lavare e riutilizzare alcuni capi di abbigliamento. In più spero di riuscire a lavare qualcosa anche prima del rientro, così da non avere, tornata a casa, la solita pigna purulenta di panni sporchi.

Il viaggio in aereo.
Una persona adulta in aereo trova mille modi per passare il tempo: libri, parole crociate, tablet, film, chiacchiere, sonnellino.
Un bambino piccolo in aereo dorme.
Due bambini di 3 anni e 15 mesi in aereo che fanno? Per due ore che fanno? Passata la mezz’ora (se ci va bene) di euforia da primo volo, poi bisogna trovare il modo di intrattenerli in modo che non scassino la minchia non tanto dei genitori che ormai ci sono abituati, quanto delle altre duecento, ignare, persone nell’abitacolo.
La soluzione spero possa essere nella valigetta delle sorprese: abbiamo comperato, a loro insaputa, alcuni giochini (senza spendere troppo, l’importante è che siano nuovi) da tirare fuori come per magia, un po’ alla volta, durante il viaggio. E poi, per la felicità del dentista che avrà in cura i miei bimbi, caramelle a iosa, così almeno se masticano stanno zitti.

Il viaggio in macchina.
Arrivati a Stoccolma il nostro viaggio sarà solo a metà, visto che dovremo arrivare a pochi kilometri dal circolo polare. Fare anche questa tratta in aereo ci costerebbe un occhio della testa, ragion per cui si è pensato di farcela in macchina. Sono circa 10 ore.
È ovvio che dieci ora di macchina con due bambini si possono trasformare in un girone infernale.
Quindi le abbiamo divise in due giorni, prevedendo una notte a metà strada. E ci prepariamo a fermarci massimo ogni due ore per liberare le bestie.
Contiamo sul fatto che in un paese civile e altamente kid-friendly come la Svezia i parchi gioco crescono come funghi.

I pasti in terra vichinga.
Lasciati alle spalle ormai da un pezzo pappe e omogeneizzati, i miei figli mangiano di tutto. Non saranno pertanto un problema né i pasti che preparerò in casa, né quelli che consumeremo fuori.
Sarà invece un problema arginare la loro spumeggiante vivacità (sto usando un eufemismo) a tavola, evitando che sporchino ogni superficie disponibile, che buttino per terra pezzi di cibo, che rovescino il bicchiere, che gridino, litighino, si lancino le polpette. Soprattutto perché gli svedesi, popolo di natura riservata, non vedrebbero certo di buon occhio le urla disperate di una mamma italiana alle prese con due italianissime piccole pesti.

La notte
In questo periodo in Lapponia la notte…non c’è! Spero che almeno la casa in cui andremo a vivere sia provvista, non dico di balconi, ma almeno di pesanti tende in modo da poter dire ai bimbi “Forza è buio, si va a nanna!”.

venerdì 22 giugno 2012

Riempire la lavastoviglie NON genera impotenza né provoca orticaria


Quando si usa l’appellativo MULTITASKING per definire la donna dei nostri giorni, c’è una ragione precisa. La donna moderna che è insieme moglie, mamma, casalinga, lavoratrice, amante, cuoca, aggiustatutto, infermiera, psicologa, tassista e chi più ne ha più ne metta, riesce a fare più cose contemporaneamente. Magari non tutte proprio benissimo, ma le fa. Così mentre si guarda un dvd coi bambini si può iniziare a tagliare le verdure, mentre ci si trucca per il lavoro si può raccontare per la centesima volta la storia del camion Tobia, mentre si pulisce la cucina si può ascoltare una paranoia del marito.
Infatti la sottoscritta, sia nel periodo in cui era a casa in maternità, sia adesso in cui fa i salti mortali per incastrare tutte le caselle di questa frenetica vita di mamma lavoratrice, riusciva e riesce a badare ai bambini ed INSIEME cucinare o riassettare casa, pur se sull’orlo di una crisi di nervi.
Agli uomini questa capacità è preclusa. O meglio, se ce l’hanno la mettono in pratica fuori dalle mura domestiche, nei loro contesti professionali dove telefonano, mandano mail, organizzano, bevono caffè tutto in una volta.  A casa no.
MaschioAlfa, per esempio, di cui niente posso dire come marito e come padre, che amo alla follia oggi come 18 anni fa, che è sempre presente e sensibile alle mie difficoltà (beh, quasi…), che è anche “uomo di casa” quando vuole, se deve badare ai bambini quello fa. Punto.
Se io non ci sono (non succede spesso, ma questo è colpa mia) posso stare tranquilla che al mio rientro troverò i pupi lavati, nutriti, addormentati. Sono sicura che avranno passato delle ore bellissime insieme al loro papà, intrattenendosi in attività tipicamente maschili come la guerra coi cuscini  o la lotta tra loro sul lettone. Sono sicura che saranno andati a letto felici cullati da una storia di castelli abbandonati o alberi parlanti. Ma una sola occhiata alla cucina mi riporterà alla realtà: TUTTE le pentole, i piatti, i bicchieri, le posate della cena dentro il lavabo o sopra i fornelli (perché non in lavastoviglie?), idem per TUTTE le immondizie (perché non dentro il sacco?), la tovaglia ancora stesa sopra la tavola (perché non ripiegata dentro il cassetto?), resti di cibo ovunque.
E non che non ne avesse avuto il tempo, è che…non ci ha pensato!
Ed io, scema che più scema non si può, che non oso arrabbiarmi perché attanagliata dai sensi di colpa per averli lasciati soli. Ma si può?

giovedì 21 giugno 2012

Pensieri sparsi

 
Indietro nel tempo:
Ieri sera, mentre mangiavamo una succosissima anguria, a me e MaschioAlfa è tornato in mente che quella prima estate in cui Checco aveva 1-2 mesi, in cui la nostra vita, i nostri ritmi, i nostri orari, erano tarati sulle sue esigenze, in cui si poteva pranzare tanto alle 11.30 come alle 14.00, ogni volta, giuro, ogni volta che iniziavamo ad affettare un’anguria, Checco iniziava a piangere.

Regali
Ieri in libreria ho trovato questo libricino che non ho potuto fare a meno di comprare per MaschioAlfa:

Il bello è il contenuto:

Troppo vero!!!

Rosso
Quando nel post precedente scrivevo che siamo andati al centro commerciale per dilapidare il patrimonio, ecco, non mi rendevo conto che non era uno scherzo: le mie finanze sono paragonabili al PIL della Grecia, irrimediabilmente in caduta libera.
D’accordo che ho pagato il dentista e la scuola di Checco, ma così non va bene. Devo correre ai ripari. Devo farmi dare dei soldi da mio marito.


Dubbi scientifici
Paio ha il raffreddore. Paio è alto poco più di 80 cm ed ha una testolina delle dimensioni di un melone. E un nasino a patatina piccolo come una Big Buble. Ma allora, mi chiedo, come fa a starci dentro quel nasino tanta di quella roba da far invidia agli autori di Blob (il film, non il programma di Rai3)?



Viaggio in Svezia
Ma stiamo scherzando?!?!?!?!?!?!?!?!?!?!?!?!?!

mercoledì 20 giugno 2012

"I vostri bambini sono buonissimi" - "Vostri chi?"

 
In vista dell’imminente partenza per la Lapponia e dovendo effettuare alcuni acquisti, i coniugi Piselloni hanno pensato di organizzare una puntatina al centro  commerciale (sempre quello, ormai mi dovranno pagare per la pubblicità che faccio).
Ora, si poneva il problema dei pupi: da un lato fare shopping con loro al seguito è matematicamente impossibile o, come direbbe il mio letteratissimo marito, shopping con pupi è un OSSIMORO. Dall’altro, però, non potevamo chiedere a mia madre di tenerli anche il pomeriggio, dopo che se li era sopportati tutta la mattina.
Manzoniana provvidenza vuole che nella bacheca in aula insegnanti della scuola di MaschioAlfa alcune settimane fa fosse comparso un bigliettino di una ex alunna che si offriva come babysitter.
Visto che MaschioAlfa conosceva bene la ragazza in questione e la riteneva responsabile e timorata di Dio a tal punto da affidarle le sue creature, abbiamo messo in atto questa brillante soluzione: ce la siamo portata con noi, così, mentre lei badava ai bimbi portandoli nell’area giochi e nelle giostrine, noi potevamo liberamente girare i negozi e dilapidare i risparmi.
Avevamo sinceramente un po’ di paura per come le bestie avrebbero preso la cosa, per come si sarebbero comportati, per come se la sarebbe cavata lei. Ci siamo morsicati le dita a vicenda per impedirci di prendere il telefonino e monitorare la situazione.
Intanto il tempo passava, le borsette dei negozi aumentavano e il conto in banca si prosciugava, finché….mentre eravamo all’interno dell’ipermercato che occupa la metà del centro commerciale…chi vediamo nel reparto libri per bambini? Loro tre! Così ci siamo appostati stile birdwatching e li abbiamo spiati per un po’…La scena era troppo bella: lei, la babysitter, che prendeva un libro e lo sfogliava con i bambini e loro, le nostre cavallette ugole d’oro, che la guardavano trasognati e pendevano letteralmente dalle sue labbra!
Il colmo è stato quando ci siamo ritrovati per la cena: le sue parole sono state “Ma i vostri bambini sono BUONISSIMI!” E ci ha raccontato che non ha avuto problemi, che a un certo punto ha detto a Checco che non si poteva fare una tal cosa e lui serafico: “Va bene”. Come “va bene”, scusa? A me, povera mamma, mi tocca una valanga di capricci, urli e lacrime di coccodrillo da sfinire un esercito e tu, semi sconosciuta babysitter, ti prendi il lato B con sorrisi, ammiccamenti e “va bene”?!?!?!
Beh, che dire, ripeteremo senz’altro l’esperienza in occasione dei saldi!

martedì 19 giugno 2012

Partenze


C’era un tempo in cui io e MaschioAlfa viaggiavamo.
Non andavamo semplicemente in vacanza. Noi viaggiavamo.
L’organizzazione iniziava già alcuni mesi prima della partenza, si sceglieva una meta, poi si specificavano i luoghi da vedere.
Punti fermi e non negoziabili:
NO agenzia viaggi
NO villaggi turistici
NO viaggi organizzati
NO con amici o parenti
Estero.
Si prenotava il biglietto aereo, cercando settimanalmente le offerte della varie compagnie.
E poi la sottoscritta si attaccava a internet alla ricerca degli alberghi; le regole erano evitare le grandi catene, bagno in camera, comodo ai servizi, economico. E sempre su internet mi districavo in un labirinto di orari dei treni, autobus, piantine di metropolitane, orari dei musei, biglietti cumulativi, previsioni meteo, uffici informazioni.
Il giorno prima della partenza preparavamo la valigia, senza spenderci troppa fatica, senza dimenticare la macchina fotografica, un tascabile, la nostra immancabile Lonley Planet e la mitica cartellina con tutte le prenotazioni.
Poi via, si partiva, con le spalle coperte dalla meticolosità con cui avevamo programmato, ma con quel pizzico di avventura e di euforia dato dal tuffarsi in una città, in un paese, in un mondo così, io e lui e basta, senza sapere, veramente, quello che vi avremmo trovato.
Quanto ci sarebbe da scrivere …, viaggi in autobus in cui eravamo gli unici turisti, notti sulle panchine dell’aeroporto, scarpinate interminabili, odissee per cercare un posto dove mangiare, e poi luoghi meravigliosi, panorami mozzafiato, lingue sconosciute ma bellissime, sapori nuovi, profumi inebrianti, incontri che restano nel cuore.
E ci dicevamo che quando avremmo avuto dei figli non sarebbe cambiato nulla, che avremmo continuato a viaggiare con i piccoli a seguito, ognuno col proprio trolley. Quante ne vedevamo di famiglie con due, tre bambini, i più piccoli sul passeggino, i più grandi con le cuffie alle orecchie, seduti a un McDonald’s o in fila alla biglietteria di un museo. Quelli siamo noi tra qualche anno, pensavamo.
Poi è arrivato Checco. Dopo due anni Paio. E tra una cosa e l’altra, tra un “è troppo piccolo” e un “è troppo un casino” le ultime estati ce le siamo fatte spiaggiate al mare. Non che il mare non ci piaccia, anzi. E’ che la vita da spiaggia per me è claustrofobica: la sabbia che entra dappertutto, che ti ritrovi tra le lenzuola, che si deposita in bagno, la crema solare che ai bambini è sempre una tortura spalmare, le dinamiche da ombrellone con i piccoli che portano via i giochi ad altri esemplari della loro specie e tu che devi per forza socializzare con i loro genitori, il momento del ritorno in albergo alla sera carichi di roba come il cammello di un tuareg, con la sabbia (sempre quella) in mezzo al costume, i capelli improponibili, stanchi che dire stanchi è usare un eufemismo. Anche no.
Così quest’anno si cambia.
Fra una settimana esatta la famiglia Piselloni al completo prenderà un aereo, rigorosamente Ryanair, e se ne andrà in Svezia, in Lapponia per la precisione, in un piccolo paese di nome Arvidsjaur dove ci sono degli amici che metteranno a disposizione casa propria senza sapere in che guaio si stanno cacciando.
Ma forse non lo sappiamo nemmeno noi.
Continua…

lunedì 18 giugno 2012

Good morning

In genere la mia sveglia (ore 6 a.m.) consiste in un MAAAAMMMMMAAAAAA!!!!!!!!!!!!!! urlato a squarciagola dai uno dei due pargoli, a volte da tutti e due, a volte accompagnato da pianti, a volte ripetuto fino allo sfinimento (non loro, MIO).
Da un paio di mattine, però, sarà la luce del sole di giugno, sarà l’aria frizzante delle prime ore del giorno, saranno i miagolii dei gatti affamati, sarà Venere che transita, non lo so, fatto sta che i suoni che provengono dalla camera delle bestie sono di tutt’altra natura.
Sono suoni di due fratellini che, a modo loro, chiacchierano. Paio che gorgheggia felice, come al solito, e Checco che gli dice “Vado a chiamare la mamma, tu stai qui. Lascio la porta aperta, va bene? Torno subito”; e poi “Mamma, siamo svegli, vieni!”.
La cosa è talmente inconsueta che ho dovuto svegliare MaschioAlfa perché sentisse anche lui (sì, lo devo svegliare, lui dorme coi tappi nelle orecchie, dovrò scriverci un post, su questo).
Questo significa forse che in futuro non troppo remoto loro si sveglieranno ma riusciranno ad intrattenersi da soli senza chiamarmi? Magari andranno in cucina e si accenderanno la televisione mentre mi godrò un’ultima preziosissima mezz’oretta di coperte e cuscini?
Certo che, comunque, iniziare la giornata così ti cambia proprio le cose. E non sembra nemmeno lunedì!

venerdì 15 giugno 2012

Le porte chiuse


Ho un’immagine legata alla mia “vita precedente”, quella a casa con mamma e papà. Ed è quella della porta chiusa della camera da letto dei miei. E ci sono dei suoni. Quelli di loro due di là della porta che parlano.
E ci sono io. Che già allora, poco più che adolescente, prima ancora di essere io stessa mamma, riflettevo sul fatto che per i miei genitori quello doveva essere senz’altro il momento più bello della giornata. Quando messi a letto i figli, sbrigate tutte le faccende, chiuso tutte le finestre, restavano loro due, da soli, un uomo e una donna, non solo una mamma e un papà. Poi se facevano qualcos’altro oltre a parlare, onestamente non lo voglio sapere.
Adesso sono io ad avere dei figli che qualche volta devono, non sarebbe meglio che, ma devono restare fuori dalla porta della camera da letto. E’ una cosa che io e Lui ci siamo sempre promesso e imposto fin dalla nascita di Checco. Bisognava sempre e comunque riuscire a ritagliarci i nostri spazi di coppia.
E, proprio grazie a quei nonni che si chiudevano ( e suppongo si chiudano ancora) in camera, ci siamo sempre riusciti, vuoi per una pizza da soli, una serata con amici senza figli, una spedizione saldi al centro commerciale o una colazione al bar in santa pace.
Oppure, ma questo magari ai nonni non lo diciamo, mentre i bimbi stanno da loro noi…facciamo sesso. E ne facciamo pure parecchio e parecchio bene. Ecco, l’ho detto. Perché ci vuole, perché lo abbiamo sempre fatto e che saranno mai due figli, perché alla sera si crolla dal sonno ma una mezz’oretta si può sempre trovare, perché siamo ancora io e Lui, in fondo non siamo cambiati, e ci basta un attimo, uno sguardo, una parola, per ritrovarci anche in mezzo al casino di una vita di pannolini e rai yoyo.
E poi ce ne andiamo via da soli, un paio di volte l’anno. A Venezia, sempre, per l’anniversario di matrimonio e poi un’altra meta. Questi giorni, per noi, sono come spalancare le finestre in una bella mattina di primavera e fare entrare l’aria che profuma di peschi in fiore in una stanza che è stata chiusa tutta la notte.
La cosa strana è che i bambini non ci mancano! Certo, pensiamo a loro in continuazione, guarda qua, questo piacerebbe a Checco, ma ti pensi qui il Paio, questo lo possiamo comprare per loro, aspetta che chiamo casa per vedere come va. Ma NON CI MANCANO. Sappiamo che stanno bene e sono in ottime mani, quelle dei nonni, e anche noi stiamo bene e siamo in ottime mani, le nostre, finalmente.

Questo post partecipa al blogstorming di Genitoricrescono.

Piccola lingua biforcuta cresce


Papà: “Checco, non entrare in casa col monopattino, sporchi dappertutto!”.
Checco: “Beh, tanto è già sporca questa casa qui”.
Papà (mandibola inferiore ad altezza ombelico ed occhi sbarrati)  “E allora? Non mi sembra un buon motivo per non fare quello che ti dico”
Checco (facendo spallucce e andandosene bel bello a giocare per i fatti suoi) “Ah beh allora…”

Checco “Ho il naso sporco. Mi pulisce la mamma”.
Papà: “Vieni qui che ti pulisco”
Checco “Ma tu sei la mamma?”.

Checco: “Guarda mamma, ho parcheggiato la moto!”.
Mamma: “Bravissimo amore mio, ma hai preso il biglietto del parcheggio?”.
Checco: “Ma noooo, non serve, questo è un cortile!”.

E ha solo tre anni.

mercoledì 13 giugno 2012

Ho letto: La luce sugli oceani


Wow…
Certo non è il capolavoro del secolo, non passerà alla storia, ma dio se funziona!
La trama (una bambina, due madri) può all’inizio sembrare la solita minestra scaldata e a tratti patetica. Ma ti prende, ti risucchia, ti annega in un tornado di emozioni talmente forti da farti star male.
Sarà perché io l’ho letto da madre, sarà perché il solo pensiero di rinunciare a miei figli mi disintegra, sarà perché questo amore così forte lo sto vivendo quotidianamente, ma questo libro mi è proprio restato dentro.
E la cosa strana è che non si riesce a parteggiare per una o l’altra delle due donne-madri. Perché la forza dell’amore che provano per la bambina è identica nella madre che l’ha generata e se l’è vista sparire dopo appena due mesi come nella madre che l’ha trovata e l’ha cresciuta come sua.
E alla fine vorresti fosse possibile non scegliere, vorresti il lieto fine, lo vorresti davvero.

martedì 12 giugno 2012

Aggiornamenti


La festa a scuola è andata bene. I mostriciattoli erano chicchissimi, Paio piccolo dandy con pantaloncini blu e polo a righe, Checco stile Pierinolapeste con pantaloni turchesi e t-shirt alla marinaretto. Pure io e MaschioAlfa non eravamo male, ma questa è un’altra storia.
C’erano persone adulte, chiacchiere, risate e cibo. Niente alcool.
I bambini hanno corso, giocato, cantato e ballato tutta la sera. L’adesivo ha riscosso molto successo, ma non è servito un granché.  
Nessun bagno nella fontana, grazieaDio, quindi borsa del cambio portata per niente. In compenso a fine serata erano talmente sporchi che sarebbero stati da buttare così, con vestiti e scarpe, in lavatrice.
Verso le 22.30 Paio ha deciso che non ne poteva più e si è addormentato.
Qui abbiamo una diapositiva.

Checco invece era ancora in gran forma.
Altra diapositiva.

Il massimo è stato sentire Checco che, mentre salivamo in macchina, ci ha detto: “Mi sono molto divertito”.
Talis pater…

Problema addormentamento Checco: soluzione trovata. Checco non dorme più di pomeriggio.
Era un’idea a cui pensavo già da tempo. Ma non avevo il coraggio di metterla in atto per non rinunciare a quell’ora e mezza pupi-free del primo pomeriggio, grazie alla quale riuscivo a fare qualcosa in casa (leggi: riporre un quinto dei giocattoli sparsi per la casa, togliere un decimo della polvere depositata su ogni superficie possibile, stirare 2 delle 15 camicie di MaschioAlfa), preparare dove possibile la cena in anticipo e, se avanzava tempo, riposarmi un po’.
Avere Checco tra i piedi vicino TUTTO il pomeriggio… insomma, non è che mi piacesse proprio tanto…
Una sera però ci ha messo un’ora e 40 minuti per addormentarsi e quando finalmente ha chiuso gli occhi e sono tornata in soggiorno con un’ulcera delle dimensioni della Lombardia ho capito che si era ormai giunti ad un punto di non ritorno, bisognava agire o ne andava delle mia salute.
Quindi il giorno seguente, dopo aver recuperato i pupi dai nonni e dopo averli portati a casa, ho messo a letto il Paio e poi ho detto a Checco: Bene, tu amore mio fai quello che vuoi, gioca, vai fuori in giardino, guarda la televisione. La mamma sta qui a stirare. Ok?
Risultato. Lui è stato bravissimo, buono, tranquillo, ha giocato un po’ da solo un po’ con me, abbiamo chiacchierato (e così abbiamo anche trovato un momento per stare io e lui da soli), io ho stirato, cucinato, letto qualche pagina del mio libro. Un idillio. Poi si è svegliato il Paio e si è scatenato il solito inferno di gelosie fraterne, ma vabbè.
L’importante è che alla sera 20.30 trasferimento in cameretta, 20.50 buio in sala! Un sogno! Un paradiso! Un miracolo! E c’era Grey’s Anatomy che mi aspettava, e c’era un bicchiere di acqua e menta, e c’era un’intera serata con MaschioAlfa! Gaudio e Tripudio! Ah, in più non solo non si è MAI svegliato durante la notte, ma alla mattina ho dovuto buttarlo io giù dal letto!
Il new deal aveva preso inizio.
Certo, ci sono ancora degli aggiustamenti da fare, tipo quando alla mattina va al nido ed è un po’ più stanco (e in quel caso lo faccio riposare sul divano una mezzoretta), e ci sono le SanteNonne che da questo orecchio non ci sentono proprio bene. Ma da qui è tutta discesa.

venerdì 8 giugno 2012

Prevenire è meglio che curare


Questa sera la famiglia Piselloni godrà di una rara occasione di vita mondana: la festa di fine anno alla scuola dove insegna MaschioAlfa.
Considerato che l’anno scorso, dopo 10 minuti dal nostro arrivo, l’allora duenne Checco si tuffò a pesce nell’unica fontanella nel raggio di 2km bagnandosi ogni centimetro quadrato di pelle, capelli e vestiti, e che la sua scellerata madre non aveva di che cambiarlo, se non un misero pannolino e un maglioncino…
Considerato che il duenne Checco è diventato treenne, ma che l’anno in più sul groppone non ha affatto smorzato la sua vivacità e la sua passione per acqua e liquidi vari…
Considerato che il neonato paffutello ed angelico mangia dormi espelli (non necessariamente in quest’ordine) che l’anno scorso era il Paio quest’anno è una pallina di ciccia di 14 mesi che non sta ferma un secondo e che come suo fratello è attratto dall’acqua come le api da un cespuglio di lavanda…
Mi sembra evidente che stasera mi premunirò di una capiente borsa con cambio completo per ognuno dei due ranocchi.
Mi premunirò inoltre del seguente adesivo da appiccicare alle loro magliette:

SONO IL FIGLIO DEL PROF. X
CREDO DI ESSERMI PERSO
PER FAVORE CHIAMA IL MIO PAPA' AL XXXX
O LA MIA MAMMA AL XXXX

Diamine, è vita mondana, sono persone adulte, chiacchiere, risate, cibo, alcool. Non intendo passare la serata a controllarli ogni secondo, e dove vanno, e cosa fanno, e  cosa combinano. I cancelli della scuola saranno chiusi. E che si divertano pure loro in libertà!  

giovedì 7 giugno 2012

Decontestualizzazione


Già di per sé è assolutamente mancante negli esseri umani con genoma XY la capacità di trovare l’esatta collocazione degli oggetti.
MaschioAlfa, ad esempio, dopo quasi cinque anni dal trasloco nell’attuale dimora, ancora ignora dove vanno riposti alcuni utensili di cucina. Per non parlare dei vestiti dei bambini.
Ricordo poi mia madre che urlava a mio padre e ai miei due fratelli perché non avevano idea di dove fossero i loro calzini e loro mutande.
Se poi i maschi hanno un’altezza inferiore al metro, la situazione si complica. I bambini hanno infatti una concezione tutta loro dell’ordine.
MaschioAlfa la chiama DECONTESTUALIZZAZIONE, nel senso che a casa nostra gli oggetti non sono mai dove ci si aspetterebbe che fossero, ma in un contesto assolutamente estraneo ed inconsueto.
Ad esempio a casa Piselloni non è raro trovare il ciuccio del Paio dentro una terrina di vetro nella scansia della cucina appositamente destinata alle terrine. Un mestolo ed un cucchiaio di legno nello scatolone dei giochi. Un biberon sul prato in giardino. Un pezzo di mela tra i libri. Una macchinetta dentro una scarpa del papà. Un cacciavite dentro la lavatrice.
Ma di sicuro è il bagno la stanza più decontestualizzata e, pertanto, perché di questo si tratta, più incasinata.
Stamattina quando sono ci entrata per truccarmi ho trovato:
Un libro sui dolmen nella vasca da bagno
La mia canottiera dentro il water
Un biscotto nel lavandino
Un rotolo di carta igienica nel bidè.
E loro, i piccoli mostri, che si lavavano i denti con spazzolini non di loro proprietà.

mercoledì 6 giugno 2012

Ho letto: L'ipnotista


Carino, non eccezionale, non indimenticabile.
La storia del massacro alla famiglia, quella che apre il libro, viene ad un certo punto lasciata un po’ da parte e ripresa poi a fatica dagli autori. Altri dettagli si perdono per strada.
Nel complesso comunque si legge volentieri, il ritmo regge, la suspence c’è. Bello il personaggio del commissario finlandese Linna, avrebbe forse dovuto essere approfondito ancora.

Cambi di prospettiva


Ieri, per il compleanno di Checco, siamo andati in gita in un centro commerciale poco lontano da dove viviamo.
Tappa obbligata per la famiglia è il Burger King, ottima se non migliore alternativa al McDonald’s.
Alla cassa:
Un whooper menu king con la sprite
Checco non correre in giro
Un whooper menu medium con coca cola
Paio smetti di piangere, adesso mangiamo
Un menù per bambini con nuggets di pollo e coca cola. Non si dimentichi il regalino.
Checco non toccare il cesto delle immondizie
Un altro menù per bambini con nuggets di pollo e succo. Ah non c’è il succo? Ok, va bene l’acqua. Posso avere una cannuccia in più però? Non si dimentichi il regalino.
Paio, è inutile che cerchi di slacciarti la cintura del passeggino, adesso ti do da mangiare.
Ah, dimenticavo, due bustine di ketchup. E mi dà un paio si salviette in più per cortesia?
Checco sputa immediatamente quella caramella! Ma dove l’hai trovata? Per terra?!?!?!?!
Sì, grazie, forse è meglio un altro vassoio…

Quando io e MaschioAlfa eravamo “solo” una coppia e ci mettevamo in fila alla cassa di un fast food, evitavamo accuratamente di posizionarci dietro una famiglia con figli affamanti e per questo irrequieti e urlanti, carrello ricolmo e un milione di cose da ordinare.

Adesso quella famiglia siamo noi.

martedì 5 giugno 2012

Per te, Francesco.


Per te. Che hai dei bellissimi riccioli biondi che la mamma ti invidia da morire.
Per te. Che hai due occhioni scuri, ma brillanti come due stelle.
Per te. Che stai sviluppando un’intelligenza che spesso ci sorprende e ci fai restare a bocca aperta perché riesci a fare delle connessioni logiche che non ci aspetta da un essere umano così piccolo.
Per te. Che adesso parli benissimo e quindi possiamo fare dei discorsi veri e propri insieme e non avrei mai immaginato che sarebbe stato così bello.
Per te. Che sei lunatico come il tuo papà ma è per questo che ti amo così tanto.
Per te. Che nove volte su dieci ti svegli con le palle girate ed ho imparato a lasciarti in pace perché tanto poi ti passa.
Per te. Che hai imparato a dire “Ti ricordi mamma”, anche se i ricordi spesso sono solo i tuoi, di cose che hai fatto a scuola, o con i nonni.
Per te. Che sei nella fase “Cosa stai facendo?” e “Questo cos’è?”, anche se lo sai benissimo, ma io e papà ti rispondiamo sempre.
Per te. Che ti tocchi i capelli quando stai per addormentarti e vorresti toccare anche i miei, ma io mi sposto perché, davvero, mi dà fastidio, e ti chiedo scusa.
Per te. Che mangi come un uccellino, ma adori le porcherie, proprio come me, e hai imparato a dire buon appetito.
Per te. Che hai una risata bellissima e contagiosa, e quando ridi il tuo visino ti si illumina tutto e diventi ancora più bello.
Per te. Che quando io o papà ci arrabbiamo, poi ci dici “Facciamo la pace?”.
Per te. Che non hai paura di niente, ti tuffi a pesce nelle situazioni, affronti anche il panettiere sconosciuto per chiedergli un biscotto.
Per te. Che le 24 ore passate con te in pediatria sono state tra le più brutte di tutta la mia vita.
Per te. Che mentre eri in ospedale mi chiedevi di andare alle Corti Venete, e anche per questo ti adoro.
Per te. Che sei tanto sensibile, stai male quando vedi in televisione qualcuno che sta male e io farei di tutto per risparmiarti qualsiasi tipo di sofferenza.
Per te. Che sei il mio primogenito, e per questo fai un po’ da cavia, pagando gli errori di una che sta imparando a fare la mamma, ma mi vuoi bene anche così imperfetta.
Per te. Che oggi compi tre anni, e stai crescendo e questo mi inorgoglisce e mi spaventa insieme.
Buon compleanno cucciolo.

lunedì 4 giugno 2012

Indietro nel tempo: la nascita di Checco



4 giugno, giovedì.
Mi sveglio dopo una nottata un tantino agitata, vado in bagno, faccio pipì e… oddio e questo cos’è…non sarà mica….oh mio dio….la carta igienica è leggermente striata di rosa.
Ok, forse forse ci siamo.
Torno in bagno dopo un paio d’ore ed eccolo lì, ancora rosa sulla carta igienica, anzi più rosso che rosa. Mi metto un assorbente.
E così, improvvisamente, mi accorgo delle contrazioni, sono molto leggere, assolutamente indolori, ma ci sono e cominciano ad essere regolari.
Decisamente ci siamo.
Mi faccio la doccia, mi lavo i capelli. Le contrazioni continuano.
Verso le due MaschioAlfa torna a casa. Gli apro la porta con un sorriso inequivocabile, lo stesso sorriso che avevo quando gli avevo annunciato il test positivo.
Quindi, alle cinque, dopo aver trovato anche il tempo di farci una foto scema seduti sul divano, carichiamo la famigerata valigia in macchina e partiamo alla volta dell’ospedale.
Il sole è andato via, forse arriva un temporale.
Saliamo al terzo piano, ostetricia, suono il campanello della sala parto. Esce un’ostetrica, le racconto tutto e mi fa accomodare in sala monitoraggi. Mi attaccano questi aggeggi alla pancia e aspetto. Il tempo passa, mi annoio, MaschioAlfa è fuori in sala d’attesa e non lo lasciano entrare.
Arriva un ginecologo, noto subito quanto sia carino, e mi visita. MaschioAlfa mi raggiunge. Il verdetto è questo: sei a tre centimetri, è ancora presto, se vuoi ti ricoveriamo, ma solo se prometti che non ti agiti e stai tranquilla, mettiti in testa che prima di domani mattina questo non nasce. Va bene, dico io, ricoveratemi. Non ci penso nemmeno a tornare a casa senza bambino!
Mi sembra di vivere una specie di sogno, di viaggio onirico in un’altra dimensione, come se guardassi il susseguirsi degli eventi sullo schermo del cinema. Sono proprio io, che solo ieri affrontavo intimorita la prima elementare, col grembiulino nero, il colletto bianco e il fiocco rosa, che solo ieri prendevo l’autobus tutte le mattine per andare a scuola, che ho giocato con la Barbie fino alla prima superiore, che solo un attimo fa ero vestita di bianco davanti all’altare in un piovoso sabato di luglio, che ogni tanto prendevo la bambola e la cullavo come fosse un bambino vero, sono sempre io. E adesso sono qui in ospedale e sto per dare alla luce il mio primo figlio.
Fuori è sempre più buio. Sta decisamente arrivando un temporale.
MaschioAlfa va a prendere la valigia in macchina.
Ritorna l’ostetrica, ancora monitoraggi. Nel frattempo le contrazioni iniziano a farsi anche un po’ dolorose.  Sono le nove di sera.
Aspettiamo. Un’ostetrica mi visita. Si chiama Enrica, è molto carina e simpatica. Mi dice non sei ancora pronta, ma aspetta, voglio visitarti nel momento della contrazione. La contrazione arriva, mi visita. La guardo, è presto, vero? No, dice lei, ti ho detto una bugia, sei a otto centimetri, ti porto in sala parto, a volte i miracoli accadono (giuro che l’ha detto…).
Sono in trance. Raggiungiamo questa benedetta sala parto.
Sono le dieci di sera. Sono tranquilla, anche se le contrazioni sono sempre più forti. mi siedo in poltrona. Mi attaccano di nuovo all’aggeggio del monitoraggio. Le contrazioni sono decisamente sempre più forti.
Fuori c’è il temporale. E’ arrivato. Lo sapevo che avrei partorito con la pioggia…
Sono le undici. Adesso fa veramente ma veramente male. Non ce la posso fare. Mi fanno sdraiare sul letto, le gambe in aria. La mia ostetrica si chiama Paola, è magrissima e molto chiacchierona, troppo. Mi parla di Parigi, credo, ma chi se ne frega di Parigi.
Fa male. Mi fa male dappertutto, soprattutto la schiena. Ogni contrazione è un incubo. Lentamente, inesorabilmente, inizio a perdere il controllo del mio corpo. Mi dicono di spingere, ma io non ci riesco, riesco solo a percepire il dolore. Urlo. Urlo come non pensavo fosse possibile. Urlo anche se ero sicura che non l’avrei fatto che mi sarei vergognata da morire. E invece me ne sbatto altamente, io urlo. Che si fottano tutti, l’ostetrica anoressica, il ginecologo antipatico, il corso preparto e la sua respirazione del cazzo.
Tutto è confuso.
Arriva la mezzanotte. E’ il 5 giugno, venerdì. Penso, ecco non nasce il quattro, sei in ritardo piccolo mio. Vaffanculo.
Si rompono le acque. Le ostetriche puliscono, cambiano il telo. Che coglioni.
Mi dicono che si vede la testa, un testa piena di capelli neri. Sti cazzi.
Urlo. Imploro il cesareo.
E poi.
E poi all’improvviso, giuro che non so come ho fatto, Lui viene fuori da me, lo sento sgusciare via. Lo sento piangere. Sono le 00.45.
La prima cosa che penso è Gesummiotiringrazioètuttofinito.
Poi riprendo il controllo. Sono di nuovo io e lo guardo: è bellissimo. E’ Francesco.
Lo vedo nella culla termica mentre lo puliscono (Apgar 9/10, bravissimo cucciolo), poi me lo mettono al seno. Quello che penso è:
  • Mannaggia è davvero bellissimo;
  • Cavoli, sono stata brava, ho partorito;
  • La prossima volta cesareo.
Quello che non penso è: oddio, sento una cosa che mi travolge tutta, deve essere l’istinto materno che emerge, oddio sei la mia ragione di vita, adesso esisti solo tu, mi annullerò per te, tieni, comincia a prendere la mia tetta.
Scherzi a parte, in quei primi istanti dopo il parto non sono riuscita a pensare che quell’esserino fosse mio figlio, fosse la stessa creatura che scalciava dentro la mia pancia fino a poche ore prima. L’istinto materno arriva, ma un po’ alla volta, nutrito giorno dopo giorno da ogni bacio, ogni carezza, ogni poppata, ogni cambio di pannolino, ogni minuscolo sorriso.
Mentre mi ricuciscono danno Francesco ad A. che si siede sulla poltrona con questo fagottino in braccio.  Eccoli lì i miei amori…
Finito il taglia e cuci mi sistemano in corridoio, con un telo in mezzo alle gambe. Mi trovo a pensare che finalmente riesco a stare sdraiata a pancia in su…
Dopo un po’ arriva A., mentre è lì con me chiama i nonni. Siamo così emozionati, tutti e due… Credo di non averlo mai amato così tanto come in quei momenti.
E poi ci portano Francesco, lavato e vestito, avvolto in una copertina. Me lo attaccano al seno e stiamo così per un bel po’, noi tre, una famiglia. Sono davvero felice, anzi di più, felice all’ennesima potenza.
Dopo un’oretta vengono a riprendersi Francesco e mi riportano in camera, insieme ad A. Sono quasi le tre di notte. E’ tutto buio, silenzio. Nessuno cammina per i corridoi, nessuno parla. Buio, silenzio. Solo il vagito di un bimbo, ogni tanto. Non piove più. Ed io sono lì, nella stanza M, con mio marito, mentre nostro figlio dorme al nido pochi metri più in là. E’ tutto meraviglioso, è tutto così perfetto.
E’ l’inizio di una nuova vita.

A tre anni di distanza, rivivendo con distacco quei travolgenti momenti, mi sorge spontanea una riflessione. Anzi, dovrei dire mi scaturiscono spontanei alcuni vaffanculo.

  1. Vaffanculo a chi ha detto che il dolore del parto è simile all’orgasmo: egregio signore (perché di maschio trattasi, non ci sono dubbi), io non so come sono i suoi orgasmi, ma i miei non ti spezzano le pelvi e la schiena.
  2. vaffanculo al parto naturale, ai cd con i suoni dei delfini, alla stanza dipinta di blu di prussia, alle candele al gelsomino, alla sala parto arredata secondo i dettami del feng shui: mai boiate più mastodontiche. Fa un male cane sia su un letto di ospedale sia su un’amaca di bambù. E chi se ne fotte del colore delle pareti.
  3. vaffanculo al ginecologo (ovviamente maschio anch’egli) che ti rimprovera perché ti lamenti mentre ti ricucisce: razza di testa di mischia, permetterai che, dopo aver fatto passare un neonato di 3 chili, là sotto siamo un tantino ipersensibili? Permetterai che dopo ore di travaglio siamo abbastanza stufe di sentirci ravanare la Iolanda?
  4. vaffanculo alla ostetrica del corso preparto che ci faceva fare le visualizzazioni, degli esercizi imbecilli in cui chiudevamo gli occhi e ci immaginavamo di correre in un campo di margherite col vento che ci scompiglia i capelli: nemmeno mi fossi fatta una canna prima di entrare in sala parto mi sarebbe servito a qualcosa.
  5. vaffanculo alla frase: E’ un dolore che si dimentica. Sti cazzissimi. Passa, non ci si pensa, ma Non. Si. Dimentica. Mai. Più. Cazzo.