C’era
un tempo in cui io e MaschioAlfa viaggiavamo.
Non
andavamo semplicemente in vacanza. Noi viaggiavamo.
L’organizzazione
iniziava già alcuni mesi prima della partenza, si sceglieva una meta, poi si
specificavano i luoghi da vedere.
Punti
fermi e non negoziabili:
NO
agenzia viaggi
NO
villaggi turistici
NO
viaggi organizzati
NO
con amici o parenti
Estero.
Si
prenotava il biglietto aereo, cercando settimanalmente le offerte della varie
compagnie.
E
poi la sottoscritta si attaccava a internet alla ricerca degli alberghi; le
regole erano evitare le grandi catene, bagno in camera, comodo ai servizi,
economico. E sempre su internet mi districavo in un labirinto di orari dei
treni, autobus, piantine di metropolitane, orari dei musei, biglietti
cumulativi, previsioni meteo, uffici informazioni.
Il
giorno prima della partenza preparavamo la valigia, senza spenderci troppa fatica,
senza dimenticare la macchina fotografica, un tascabile, la nostra immancabile
Lonley Planet e la mitica cartellina con tutte le prenotazioni.
Poi
via, si partiva, con le spalle coperte dalla meticolosità con cui avevamo
programmato, ma con quel pizzico di avventura e di euforia dato dal tuffarsi in
una città, in un paese, in un mondo così, io e lui e basta, senza sapere,
veramente, quello che vi avremmo trovato.
Quanto
ci sarebbe da scrivere …, viaggi in autobus in cui eravamo gli unici turisti,
notti sulle panchine dell’aeroporto, scarpinate interminabili, odissee per
cercare un posto dove mangiare, e poi luoghi meravigliosi, panorami mozzafiato,
lingue sconosciute ma bellissime, sapori nuovi, profumi inebrianti, incontri
che restano nel cuore.
E
ci dicevamo che quando avremmo avuto dei figli non sarebbe cambiato nulla, che avremmo
continuato a viaggiare con i piccoli a seguito, ognuno col proprio trolley.
Quante ne vedevamo di famiglie con due, tre bambini, i più piccoli sul
passeggino, i più grandi con le cuffie alle orecchie, seduti a un McDonald’s o
in fila alla biglietteria di un museo. Quelli siamo noi tra qualche anno,
pensavamo.
Poi
è arrivato Checco. Dopo due anni Paio. E tra una cosa e l’altra, tra un “è
troppo piccolo” e un “è troppo un casino” le ultime estati ce le siamo fatte
spiaggiate al mare. Non che il mare non ci piaccia, anzi. E’ che la vita da
spiaggia per me è claustrofobica: la sabbia che entra dappertutto, che ti
ritrovi tra le lenzuola, che si deposita in bagno, la crema solare che ai
bambini è sempre una tortura spalmare, le dinamiche da ombrellone con i piccoli
che portano via i giochi ad altri esemplari della loro specie e tu che devi per
forza socializzare con i loro genitori, il momento del ritorno in albergo alla
sera carichi di roba come il cammello di un tuareg, con la sabbia (sempre
quella) in mezzo al costume, i capelli improponibili, stanchi che dire stanchi
è usare un eufemismo. Anche no.
Così
quest’anno si cambia.
Fra
una settimana esatta la famiglia Piselloni al completo prenderà un aereo,
rigorosamente Ryanair, e se ne andrà in Svezia, in Lapponia per la precisione,
in un piccolo paese di nome Arvidsjaur dove ci sono degli amici che metteranno
a disposizione casa propria senza sapere in che guaio si stanno cacciando.
Ma
forse non lo sappiamo nemmeno noi.
Continua…
Vedrai che sarà una meraviglia, sarà diverso, ma una meraviglia. Eravamo anche noi come voi, ora ci siamo ridimensionati, ma non abbiamo smesso. Solo quest'estate abbiamo evitato, ma solo perchè oltre alla Belva c'è il pancione, quindi ci spiaggeremo un po' ;)
RispondiEliminacomplimenti! viaggiare apre il cuore e gli orizzonti. viaggiare con i bambini è un'esperienza bellissima e in giro ci sono un sacco di famigle (soprattutto mitteleuropee, pochi italiani) con due-tre-quattro bambini. è una consolazione e una conferma che si può fare tutto!!!!
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